Ricorso della Regione Liguria (c.f. e partita IVA n. 00849050109)
in persona del Presidente in  carica  dott.  Giovanni  Toti,  a  cio'
autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 603 del 21  luglio
2017, rappresentato e difeso per mandato a margine dall'avv.  Barbara
Baroli  dell'Avvocatura  regionale   (c.f.   BRLBBR55L54D969W;   pec:
barbara.barolimariniello@ordineavvgenova.it)  e  dall'avv.   Gabriele
Pafundi   del   foro   di   Roma   (c.f.:   PFNGRL57B09H501K;    pec:
gabriele.pafundi@ordineavvocatiroma.org;  fax:   06   3212646),   con
domicilio eletto presso l'avv. Pafundi in Roma, viale  Giulio  Cesare
n. 14; 
    Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri  in  persona  del
Presidente  del  Consiglio  in  carica  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del  decreto-legge  n.  50
del  24  aprile  2017,  recante:  «Disposizioni  urgenti  in  materia
finanziaria, iniziative a favore degli enti  territoriali,  ulteriori
interventi per le zone colpite da eventi  sismici  e  misure  per  lo
sviluppo», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017,
n. 96, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 23 giugno  2017,  n.  144,
S.O. 
 
                                Fatto 
 
    L'art. 39 del decreto-legge n. 50 del 2017 (conv. in legge n.  96
del 2017) e' intitolato: «Trasferimenti regionali a province e citta'
metropolitane per funzioni conferite» e recita: 
        1. ai fini del coordinamento della finanza pubblica,  per  il
quadriennio 2017-2020, una quota del 20 per cento del  fondo  di  cui
all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6  luglio  2012,  n.  95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,  e'
riconosciuta a condizione che  la  regione  entro  il  30  giugno  di
ciascun anno abbia certificato, in conformita' alla  legge  regionale
di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e  regioni  in  sede  di
Conferenza unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta erogazione  a
ciascuna provincia e citta' metropolitana del  rispettivo  territorio
delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad  esse  conferite.  La
predetta certificazione e' formalizzata tramite intesa in  Conferenza
unificata da raggiungere entro il 10 luglio di ciascun anno; 
        2. in caso di mancata intesa,  il  riconoscimento  in  favore
della regione interessata del 20 per cento del fondo per il trasporto
pubblico locale di cui al comma 1 e'  deliberato  dal  Consiglio  dei
ministri su proposta del Dipartimento per gli affari regionali». 
    La  norma,  sganciata  e  contraddittoria  tanto  rispetto   alla
filosofia che presiede all'intero decreto-legge  n.  50/2017,  quanto
rispetto alle regole del Fondo di cui all'art. 16-bis, comma  1,  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Fondo nazionale per  il  concorso
dello Stato agli oneri per il trasporto pubblico locale  -  d'ora  in
poi «Fondo») produce effetti dirompenti per le regioni e per gli enti
locali. 
    Infatti, costituisce effetto immediato della norma impugnata  che
ben il 20% del Fondo che lo Stato trasferisce alle regioni per il TPL
diventa  non  accertabile  nei  bilanci  regionali,  e   quindi   non
utilizzabile fino al verificarsi di un evento futuro ed incerto (come
il raggiungimento dell'intesa in Conferenza unificata). 
    Il che si traduce in una immediata decurtazione di  pari  importo
delle relative erogazioni  agli  enti  titolari  della  gestione  del
servizio, e nella conseguente  elusione  del  principio  di  certezza
delle entrate destinate ad un servizio pubblico essenziale,  come  il
TPL. 
    Per la Regione Liguria, che attinge al Fondo  nazionale  per  una
quota pari a 195,34 milioni di euro,  l'importo  non  accertabile  e'
quantificato in € 39,07 milioni di euro. 
    Considerando che anche Regione  Liguria,  al  pari,  si  presume,
delle altre regioni, ha nel frattempo gia' anticipato  a  province  e
citta' metropolitana quote del Fondo, onde  scongiurare  interruzioni
del servizio pubblico, l'applicazione dell'art. 39  comporterebbe  il
recupero da  parte  regionale  delle  somme  anticipate,  con  sicura
impossibilita' di assicurare il funzionamento del servizio. 
    La norma confligge con numerosi parametri  costituzionali  ed  e'
lesiva di prerogative regionali costituzionalmente tutelate. 
    Se ne chiede, pertanto, l'annullamento sulla base delle  seguenti
motivazioni di 
 
                               Diritto 
 
1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 39 decreto-legge n. 50 del
2017  per  violazione  dei  principi   di   proporzionalita'   e   di
ragionevolezza  nonche'  di  rispondenza   logica   alle   dichiarate
finalita' di coordinamento  della  finanza  pubblica  (art.  3  della
Costituzione); 
    La disposizione legislativa che si  impugna  viola  il  principio
rubricato per plurime ragioni. 
1.a)  In  primo  luogo,  a  fronte   di   dichiarate   finalita'   di
«coordinamento della finanza pubblica» l'art. 39 manca  di  qualsiasi
corrispondenza con tale finalita'. 
    Invero, il potere esercitato nei fatti  dalla  norma  oggetto  di
impugnativa non rispetta le condizioni di esercizio della  competenza
statale di coordinamento finanziario  delineate  a  piu'  riprese  da
questa Corte a tutela dell'autonomia delle regioni; (v. infra). 
    E' vero, invece, che -  laddove  la  norma  destina  l'erogazione
della quota del 20% del Fondo  a  quelle  sole  regioni  che  abbiano
certificato entro il 30 giugno di ogni anno l'avvenuta  erogazione  a
ciascuna  provincia  e  citta'  metropolitana   delle   risorse   per
l'esercizio delle funzioni ad esse conferite a seguito  del  riordino
istituzionale avvenuto a seguito della legge 7 aprile 2014, n.  56  -
persegue, in realta', finalita' di tipo sanzionatorio  nei  confronti
delle regioni, ancor piu' irragionevoli in quanto nemmeno collegate a
criticita' interne al settore  dei  trasporti,  rispetto  alle  quali
voler introdurre penalizzazioni con effetti di  deterrenza,  giacche'
la  riduzione  del  20%  del  Fondo  trasporti  concerne  la  mancata
certificazione di erogazioni alle province in tutti gli ambiti in cui
ogni Regione abbia attribuito funzioni alle province medesime. 
    Infatti, l'impugnato art. 39 fa riferimento alla legge  regionale
di attuazione dell'accordo sancito tra Stato e  regioni  in  sede  di
Conferenza unificata dell'11 settembre  2014  e  quindi  a  tutte  le
funzioni oggetto del riordino istituzionale, a seguito della legge  7
aprile 2014, n. 56. 
    Accade in tal modo che lo sblocco della quota (20%) di  un  Fondo
che serve per finanziare specificamente il trasporto pubblico  locale
vien fatto dipendere - del tutto irragionevolmente - dalla  soluzione
di aspetti economici che trascendono  completamente  il  settore  del
TPL, con il risultato finale di impedire di fatto la  programmazione/
organizzazione / gestione /soddisfazione dei fabbisogni del TPL. 
    Appare   evidente   la   violazione   del   rubricato   parametro
costituzionale. 
1.b) L'art. 39 del  decreto-legge  n.  50/2017  appare  irragionevole
sotto un ulteriore profilo. 
    Esso, invero, si pone in rotta di collisione  con  la  precedente
disposizione di cui all'art. 27, commi 2 lettera e) e 4 del  medesimo
decreto-legge. 
    Trattasi della norma che fornisce le regole di funzionamento  del
Fondo, prevedendone: 
        l'esatta quantificazione annuale; 
        le  modalita'  del  riparto,  che  avviene  con  decreto  del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di  concerto  con  il
MEF, previa intesa con la Conferenza unificata (art. 27,  alinea  del
comma 2); 
        i criteri di riparto (art. 27, comma 2, lettere da a) ad e). 
    Tra tali criteri figura quello «di chiusura» enunciato  al  comma
2, lettera e), secondo il quale: «in ogni caso, al fine di  garantire
una ragionevole certezza delle risorse  finanziarie  disponibili,  il
riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a) a d)  non  puo'
determinare per ciascuna regione una  riduzione  annua  maggiore  del
cinque per cento rispetto alla quota attribuita nell'anno precedente;
ove l'importo complessivo del  Fondo  nell'anno  di  riferimento  sia
inferiore a quello dell'anno precedente, tale limite e' rideterminato
in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo. Nel  primo
quinquennio di applicazione  il  riparto  non  puo'  determinare  per
ciascuna regione, una riduzione  annua  maggiore  del  10  per  cento
rispetto alle risorse trasferite nel 2015; ove l'importo  complessivo
del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello  del  2015,
tale limite e' rideterminato in misura proporzionale  alla  riduzione
del Fondo medesimo». 
    A sua volta, il comma 4  dell'art.  27  prevede  che  nelle  more
dell'emanazione del decreto  di  riparto,  entro  il  15  gennaio  di
ciascun anno, e' ripartito tra le regioni, a titolo di anticipazione,
l'ottanta per cento dello stanziamento del Fondo. L'anticipazione  e'
effettuata sulla base delle percentuali attribuite a ciascuna regione
l'anno precedente. Le risorse erogate a titolo di anticipazione  sono
oggetto di integrazione, di saldo o di  compensazione  con  gli  anni
successivi. La relativa erogazione alle regioni a  statuto  ordinario
e' disposta con cadenza mensile. 
    La lettura congiunta dell'impugnato art. 39 e dei sopra riportati
commi   dell'art.   27   dello   stesso   decreto-legge   porta    al
contraddittorio risultato  che  le  regioni  possano  beneficiare  di
un'anticipazione solo apparentemente pari all'80% dello  stanziamento
del Fondo, ma in realta' pari al solo  64%  (l'80%  dell'80%),  vista
l'esistenza della decurtazione  'sanzionatoria'  del  20%  introdotta
dall'art. 39. 
Violazione dell'art. 97 della Costituzione. 
    La  norma  impugnata  viola  il  principio  di   buon   andamento
dell'azione amministrativa sotto plurimi aspetti. 
    In primo luogo: riconoscendo la quota del 20% del Fondo alle sole
regioni che abbiano effettuato la certificazione delle  risorse  alle
province  e  citta'  metropolitane,  si   produce   nei   fatti   una
differenziazione di finanziamento tra regione  e  regione,  abdicando
alla imprescindibile necessita' di assicurare livelli di  omogeneita'
nella resa del servizio su tutto il  territorio  nazionale,  come  ha
piu' volte ricordato anche la giurisprudenza di questa Corte. 
    In  secondo  luogo:  la  disposizione  impugnata  interviene  con
effetti  pregiudizievoli  del  principio  rubricato  sulla  provvista
finanziaria destinata ai contratti di servizio in corso, esponendo le
PP-AA. contraenti al rischio di sicuro contenzioso. 
    Sotto ulteriore profilo:  l'art.  97  della  Costituzione  appare
violato in quanto viene meno la certezza della provvista correlata al
20% del Fondo,  ora  forzatamente  collegata  da  parte  della  norma
impugnata ad eventi futuri e incerti quali: 
        l'avvenuta certificazione di erogazioni (collegate,  come  si
e' visto, addirittura all'intero delle funzioni conferite  a  seguito
del riordino istituzionale ex legge n. 56/2014); 
        il raggiungimento di intesa in Conferenza unificata. 
    Le  incognite  sul  raggiungimento  dell'Intesa  in  settori   di
notevole vastita' (e comunque, si ripete: che nulla hanno a che  fare
col TPL) costituiscono ostacoli diretti ad  aggravare  le  incertezze
sulla  quantificazione  delle  risorse  effettivamente   disponibili;
conseguentemente:  si  rende  incerta  anche  la  programmazione  dei
servizi di  TPL  ed,  in  definitiva,  la  loro  effettiva  resa  sul
territorio. 
Violazione art. 117, terzo comma della Costituzione. 
    L'art. 39 oggetto di impugnativa viola l'art.  117,  terzo  comma
della  Costituzione,   affermando   di   agire   per   finalita'   di
«coordinamento della finanza pubblica», ossia nell' ambito di materia
di  legislazione  concorrente,  pur  in  assenza   delle   condizioni
individuate da questa Corte per agire in tale ambito competenziale. 
    Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il legislatore statale
puo' imporre agli enti autonomi vincoli alle  politiche  di  bilancio
(ancorche' si traducano, inevitabilmente,  in  limitazioni  indirette
alla loro autonomia di spesa) solo  con  «disciplina  di  principio»,
«per ragioni  di  coordinamento  finanziario  connesse  ad  obiettivi
nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari» (sentenze n.
36 del 2004; n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390 del 2004). 
    Affinche'   detti   vincoli   possano   considerarsi   rispettosi
dell'autonomia  delle  Regioni,  essi  debbono  avere  ad  oggetto  o
l'entita' del disavanzo di parte corrente oppure - ma  solo  «in  via
transitoria ed in vista di specifici obiettivi di riequilibrio  della
finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale»  -  la  crescita
della spesa corrente degli enti autonomi; in altri termini, la  legge
statale puo' stabilire solo un «limite complessivo, che  lascia  agli
enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi
ambiti e obiettivi di spesa». 
    Da ultimo, questa Corte si  e'  espressa  sul  punto  tramite  la
sentenza n. 64 del 2016 la quale,  sebbene  abbia  dato  una  lettura
maggiormente  estensiva  della  competenza   statale   in   tema   di
coordinamento finanziario, ha tuttavia ribadito che  le  disposizioni
statali  che  introducono  restrizioni  nei  confronti  dei   bilanci
regionali sono ammissibili solo alla duplice condizione che prevedano
un limite complessivo alla spesa corrente e che abbiano il  carattere
della transitorieta'. 
    Nulla di  tutto  cio'  accade  nel  caso  di  specie,  ove  viene
contrabbandato come esercizio  del  potere  di  «coordinamento  della
finanza  pubblica»  l'imposizione  di  una  decurtazione  che  va  ad
incidere in modo puntuale sull'ammontare  di  una  voce  di  bilancio
della Regione Liguria dedicata al  TPL,  senza  nessuna  garanzia  di
transitorieta', essendo fin  troppo  palese  la  necessita'  di  «far
cassa» da parte dello Stato ad esclusivo detrimento delle regioni. 
Violazione art. 117, quarto comma della Costituzione. 
    La prevista decurtazione del 20% limita,  quindi,  le  competenze
regionali in materia  di  trasporto  pubblico  locale,  materia  che,
com'e' noto, e' attribuita in via esclusiva  alle  Regioni  ai  sensi
dell'art. 117 quarto comma della Costituzione (sentenza  n.  142  del
2008, n. 452 del 2007; n. 80 del 2006; n. 222 del 2005). 
Violazione dall'art. 119, comma 1 della Costituzione. 
    L'art. 39 impugnato contrasta con il meccanismo di  finanziamento
delle funzioni delineato nell'art. 119 della Costituzione, in  quanto
taglia  il  finanziamento  del  trasporto  pubblico  locale  in  modo
arbitrario,  senza  alcuna  correlazione  con  la  programmazione   e
gestione del servizio e con le necessita' del medesimo. 
    Violazione del principio di leale collaborazione: la disposizione
infine e' ulteriormente  incostituzionale  perche'  non  rispetta  il
principio della leale collaborazione in  quanto,  al  secondo  comma,
prevede  un  potere  sostitutivo  nei  confronti  delle  Regioni  non
conforme all'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n.  131  (Disposizioni
per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica  alla   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3),  il  quale  assegna  all'ente
inadempiente un congruo termine per provvedere e prevede  l'audizione
dell'ente inadempiente da parte del Consiglio dei  ministri,  nonche'
la partecipazione  del  Presidente  della  Regione  interessata  alla
riunione del  Consiglio  dei  ministri  che  adotta  i  provvedimenti
necessari.